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Le differenze tra oro giallo, bianco, rosa e rosso

Quando si parla di oro, il pensiero va immediatamente al colore intenso e brillante del metallo prezioso così come lo si trova in natura. In realtà esistono diversi tipi di oro, creati artificialmente per modificarne le caratteristiche e adattarle ai vari utilizzi. Oro giallo, oro bianco, oro rosa e oro rosso sono le principali tipologie: si distinguono non solo per il colore, ma soprattutto per la composizione che li determina, e per come il metallo viene impiegato.

Pepite di oro giallo in natura

L’oro puro in natura

Facciamo un passo indietro: l’oro in natura si trova sotto forma di pagliuzze, di grani o di pepite. L’oro puro, al suo stato naturale, non è assolutamente duro come lo conosciamo, ma è invece particolarmente malleabile e di conseguenza facilmente deformabile: questa caratteristica ne rende estremamente difficile la lavorazione per la realizzazione di gioielli e altri prodotti preziosi.

Per questo motivo - oltre che per ridurne il costo - nella maggior parte dei casi viene fuso con altri metalli, affinché diventi più resistente.

L’oro e le sue leghe metalliche

Il valore dell’oro si stima attraverso la caratura: il carato è l’unità di misura con cui si indica la quantità di oro presente all’interno di un gioiello o di un altro prodotto. Per convenzione il valore massimo è fissato a 24 carati, che corrispondono all’oro puro.

Quando l’oro non è puro, viene fuso con altri metalli, che formano una lega: di norma vengono aggiunti argento e rame, ma tra le leghe possibili ci sono anche quelle con nichel, rodio o platino. All’aumentare della percentuale di altri metalli diminuisce la caratura dell’oro, e quindi anche il suo valore economico.

I metalli vengono fusi a temperature estremamente elevate: raffreddandosi, la lega metallica si solidifica e assume il suo colore finale, determinato dalle percentuali di oro e degli altri metalli che la compongono.

Schema piramidale che mostra come cambia il colore dell'oro

I colori dell’oro: giallo, bianco, rosa e rosso

I colori dell’oro - giallo, bianco, rosa e rosso sono i principali - sono dunque determinati dalle diverse percentuali dei metalli che lo compongono.

Questo grafico è un utile strumento per prevedere il colore del prodotto finale, seguendo le percentuali dei tre metalli più frequentemente utilizzati: oro, argento e rame.

Per modificare il colore dei gioielli in oro sono state sviluppate anche altre tecniche, come la galvanizzazione: si tratta di un particolare bagno che consente al metallo presente nella soluzione di ricoprire la superficie del gioiello, modificandone l’aspetto. Una delle galvanizzazioni più diffuse è quella con il rodio, utilizzato per dare il tipico aspetto brillante all’oro bianco.

L’oro giallo: splendore senza tempo

Conosciuto fin dai tempi dell’antico Egitto, l’oro giallo è sempre stato associato all’idea di splendore.

Giallo è il colore del metallo in natura: molto intenso, tendente all’arancio, mantiene questa caratteristica nella sua versione pura, l’oro 24 carati, utilizzato principalmente per la realizzazione dei lingotti d'oro e delle monete da collezione.

In gioielleria viene impiegato l’oro giallo 18 carati, realizzato con una lega composta per il 75% da oro e per il restante 25% da percentuali variabili di argento (7-12%) e rame (13 - 18%).

Maggiore è la presenza di altri metalli, minore sarà l’intensità del giallo: nei gioielli di valore più contenuto, ad esempio, viene spesso utilizzato anche l’oro 9 kt, che contiene il 37,5% di oro e proprio per questo viene chiamato comunemente “oro 375”.

La brillante eleganza dell’oro bianco

Se l’oro giallo è quello dal colore più tradizionale per la creazione di gioielli, nel tempo ha riscosso un sempre maggior successo l’oro bianco, da molti ritenuto più discreto e quindi più elegante.

Inventato nel 1800, l’oro bianco si è diffuso dalla fine degli anni ‘20 del Novecento: impiegato come alternativa economica al platino, che veniva utilizzato in ambito militare, ben presto è diventato il secondo materiale più utilizzato per i gioielli, dopo l’oro giallo. Negli ultimi decenni è diventato sempre più di tendenza, soprattutto per gli anelli di fidanzamento e le fedi nuziali.

Ma cosa contiene l’oro bianco? Partiamo dal presupposto che i gioielli in oro bianco sono spesso certificati a 18 carati- il cosiddetto oro bianco 750 - quindi la composizione è per il 75% oro e per il restante 25% nichel, palladio, manganese, argento o platino.

La lega di oro e nichel rende il metallo più resistente, ideale per anelli e spille, ma potrebbe causare allergie. La lega con il palladio, invece, dà vita a un oro più morbido ed è usata in gioielli che prevedono l’incastonatura di pietre.

Come anticipato, l’aspetto inconfondibile dell’oro bianco non è determinato tanto dalla sua composizione chimica, quanto dal processo di galvanizzazione, che riveste il gioiello di un strato di rodio o platino donandogli la tipica brillantezza.

Inoltre la rodiatura conferisce una maggiore resistenza al gioiello. Il rodio è tuttavia un metallo costoso, e il suo impiego nel processo di galvanizzazione tende a rendere i gioielli in oro bianco più cari delle creazioni in oro giallo.

La galvanizzazione è anche il motivo per cui, dopo un certo periodo di tempo, l’oro bianco inizia a diventare giallo: il rivestimento in rodio inizia a consumarsi, rivelando il colore più dorato della lega.

Il processo è determinato da vari fattori, come la frequenza di utilizzo del gioiello, il pH della pelle, l'utilizzo di detergenti aggressivi, ma anche elementi esterni come la qualità dell’aria e il livello di inquinamento dell’ambiente circostante.

Una mano guantata si avvicina a un'esposizione di fedi in oro rosa per sceglierne una

Per moltissimo tempo l’oro rosa è stato chiamato oro russo, perché era estremamente diffuso nell’impero zarista di inizio Ottocento.

Nel tempo si è diffuso anche in Europa e negli ultimi decenni è tornato particolarmente di moda: viene utilizzato per ogni tipo di gioiello, incluse le fedi nuziali, ideali per le coppie più originali.

Come si ottiene l’oro rosa? La sua composizione è determinata da una lega di oro, rame e spesso argento, in proporzioni variabili in base al valore del gioiello.

L’oro rosa 18 carati è composto di norma da un 75% di oro, un 20% di rame e un 5% di argento. Di minor valore - e quindi di costo più contenuto - sono i gioielli in oro rosa 12 kt, composti al 50% da oro e al 50% da rame.

L’unica differenza tra oro rosa e oro rosso è il colore, che - come abbiamo imparato - è determinato dalla composizione chimica. Scopriamo insieme quali sono le differenze.

L’inconfondibile fascino dell’oro rosso

Se l’oro rosa è composto da una lega di oro, rame e argento, l’oro rosso deve il suo colore più intenso a una composizione più pura: 75% di oro e 25% di rame, per i gioielli in oro 18 kt.

Come il suo simile rosa, l’oro rosso era particolarmente apprezzato dalla nobiltà russa: fu il celebre gioielliere Peter Carl Fabergé a favorirne la diffusione, utilizzandolo per alcune delle sue preziose uova decorative, nella seconda metà dell’Ottocento.

In Europa la moda dell’oro rosso prese piede a inizio Novecento, quando la maison Cartier realizzò una versione in oro rosso del suo celebre anello Trinity, nel 1924.

Negli ultimi anni la domanda di oro rosso è progressivamente aumentata, soprattutto nei Paesi dell’Est Asia. È utilizzato in tutte le tipologie di gioielli - orecchini, bracciali, collane, anelli di fidanzamento e fedi nuziali - ed è spesso abbinato a pietre preziose e diamanti.

Il suo valore è determinato, oltre che dalla composizione, anche dal retaggio aristocratico, dall’originalità e dalla rarità delle creazioni, e dalle caratteristiche fisiche: resistenza e durata nel tempo.

Quale oro vale di più

Come abbiamo approfondito, il valore dell’oro non è determinato dal suo colore, ma dalla composizione: al di là dei metalli con cui viene realizzata la lega, a fare la differenza nel valore - e quindi nel costo - di un gioiello è la quantità di millesimi di oro puro nel prodotto.

Gli elementi che vengono fusi con l’oro - come rame, palladio, argento, nichel, zinco, platino - incidono sulle caratteristiche fisiche della lega e ne determinano l’utilizzo (in base a una maggiore o minore duttilità) oltre che, ovviamente, il colore finale dell’oggetto prezioso.