Aurei et ornamenta: l’oro nell’antica Roma
Aurei et ornamenta: l’oro nell’antica Roma
In occasione del ritorno de “Il Gladiatore” nelle sale cinematografiche, abbiamo scelto di dedicare questa pubblicazione proprio all’antica Roma e all’impiego dell’oro all’epoca del suo impero.
Nei prossimi paragrafi torneremo indietro nel tempo, nei tempi remoti della nostra civiltà, quando l’oro camminava già a fianco dell’uomo attraverso la storia.
Gli antichi romani e l’oreficeria
A partire dal I secolo a.C., parallelamente alle grandi conquiste territoriali, si è sviluppata nell’antica Roma l’arte dell'oreficeria. Saccheggi, conquiste e sottomissione di altri popoli consentivano all’impero di entrare in possesso di enormi quantità di oro. L’influenza culturale delle civiltà soggiogate dall’impero ha permesso la lavorazione di oggetti di inestimabile valore, che imboccavano spesso la strada della Capitale. Qui gli oggetti venivano conservati o fusi attraverso stampi di pietra, mentre per la creazione di lamine più sottile si faceva ricorso all’incudine: due strati di pelle di vitello consentiva di assottigliare lo spessore del metallo senza rovinarlo.
Lontana dall’opulenza dell’arte decorativa etrusca e greca, l’oreficeria romana predilige inizialmente forme più semplici e linearie: solo a seguito della contaminazione con i popoli sottomessi, in particolar modo quelli orientali, i gioielli dell’impero cominciano ad assumere caratteristiche più lussuose. Dalle collane agli anelli, dai bracciali agli amuleti magici contro gli spiriti maligni, gli ornamenti erano esibiti tanto dagli uomini quanto dalle donne come emblema di potere e status sociale.
L’oro è assoluto protagonista: impossibile non citare la celebre corona fogliata in oro, utilizzata per la prima volta da Giulio Cesare per celare la propria calvizie e ripresa in seguito dagli imperatori, che la eleggono a simbolo di gloria.
Non solo gioielli: la moneta d’oro dell’impero
La prima moneta dell’antica Roma risale al 250 a.C. e aveva il peso di poco superiore a 3 e 6 grammi. In seguito il quantitativo di oro all’interno della moneta venne incrementato e questa prese il nome di aureo.
Dall’età imperiale le monete portavano l'effigie dell’imperatore da un lato; dall’altro, eventi rilevanti per la storia di Roma.
Le origini dell’oro romano
Roma non è mai stata ricca di risorse naturali e l’acquisizione di oro è avvenuta, come già detto, attraverso la sottomissione dei popoli vinti.
La Seconda Guerra Punica (218 - 201 a.C) fu il punto di svolta più significativo della storia di Roma per quanto riguarda l’oro. Conquistata la Spagna, i romani estrassero metallo giallo nel bacino di Aduar, nel distretto di Malaga, nelle pianure di Granada e sulle pendici della Sierra Nevada: regioni in cui sono presenti ancora oggi tracce di oro.
L’impero godette di nuove riserve auree anche a seguito della conquista della Britannia da parte di Giulio Cesare.
La passione degli antichi romani per l’oro crebbe di pari passo con le loro mire espansionistiche, e grazie alle numerose vittorie conseguite dal potente esercito ottennero nuovo oro dalle miniere di Vercellae, dal fiume Reno, dalla costa atlantica dell’Africa centrale e da alcune zone dell’Egitto.
La moglie dell’imperatore Claudio, Agrippina, era nota per indossare una tunica intessuta di fili aurei, e la quantità di metallo giallo a disposizione dei romani era tale che iniziarono a creare enormi statue di oro oro puro da esposizione.
Il lavoro dei giganti: tecnica di estrazione mineraria nell’antica Roma
“Ciò che accade supera il lavoro dei giganti”. Così scriveva Plinio il Vecchio nella sua Storia Naturale tra il 70 e il 72 d.C, dopo aver visitato i giacimenti auriferi iberici di Las Medulas.
Gli antichi romani avevano osservato che i dissesti idrogeologici, provocati spesso da piogge prolungate, erano in grado di generare frane e colate di fango che logoravano la montagna. Decisero quindi di sfruttare questo fenomeno, amplificandolo, per frantumare le montagne ricche di metalli preziosi. La tecnica era conosciuta con il nome di ruina montium (distruzione delle montagne) e prevedeva l’utilizzo di acqua in pressione, anziché di semplice infiltrazione. La montagna veniva dapprima perforata, poi nelle varie fessure venivano introdotte grandi quantità di acqua che la facevano implodere.
Il processo veniva condotto attraverso gigantesche opere idrauliche capaci di trasportare acqua da zone lontane: i canali di immissione venivano poi sistemati secondo le varie inclinazioni di pendenza al fine di aumentare la pressione della massa d’acqua.
L’autorità e il divino: simbologia dell’oro nell’antica Roma
Proprio come le altre grandi civiltà del passato, anche i romani hanno subito il fascino senza tempo dell’oro. Nel metallo nobile leggevano i dettami di autorità e prestigio, per questo era favorito da governanti e imperatori. La grandezza stessa dell’impero veniva celebrata attraverso l’oro: non a caso era il materiale usato per forgiare monete commemorative per le vittorie e i successi di Roma.
Ma l’oro aveva assunto anche caratteri divini, tanto da essere utilizzato per adornare templi e statue dedicate agli dei. La sua capacità di trascendere il tempo e la morte lo rendeva emblema di eternità, e le tombe degli imperatori ne erano spesso ornate.
La storia dell’oro e quella dell’uomo si sono incrociate in tempi antichissimi e continuano a intrecciarsi, indissolubili, attraverso i millenni.
Le civiltà cambiano, gli imperi fioriscono e decadono, le culture si sviluppano, mutano e si arricchiscono. Il fascino dell’oro, tuttavia, è senza tramonto.
Fonti:
- L’oro nell’antica Roma: non solo monete
- Il gioiello nell’antica Roma: il fascino delle gemme tra miti e leggende
- Breve storia dell'oro nella civiltà romana
- Vuoi l'oro? Basta abbattere la montagna