Mentre Cina e Russia volgono lo sguardo all’oro come moneta alternativa per le transazioni tra i due Paesi, l’Occidente tiene il fiato sospeso in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Come si sta evolvendo il duello tra i due candidati alla Casa Bianca, e in che modo la vittoria dell’uno o dell’altro potrebbe condizionare il metallo nobile per eccellenza?

Harris si aggiudica il duello in TV, Trump: dibattito truccato

I media e gli analisti statunitensi non hanno dubbi su chi sia il vincitore (anzi, la vincitrice) dello storico dibattito televisivo tra i due aspiranti inquilini della Casa Bianca. Un'istantanea condotta da CNN/SSRS ha rivelato che il 63% degli spettatori ritiene che Kamala Harris abbia avuto la meglio sull'ex presidente. Questo risultato ribalta completamente la situazione di giugno, quando Trump aveva convinto un numero maggiore di persone rispetto all'allora avversario Joe Biden.

Harris all’attacco, Trump in difesa

Trump non ci sta e accusa ABC di essere una rete di notizie disonesta, colpevole di aver manipolato il dibattito per favorire la candidata democratica. Il tycoon è fermamente convinto di aver vinto il dibattito e, di conseguenza, non vede alcuna necessità di affrontarne un secondo.

L’oro sotto la presidenza Trump: la politica protezionistica fa rimbalzare il prezzo

Con la candidatura di Trump contro Hillary Clinton, in occasione delle presidenziali del 2016, l’oro salì di circa 50 dollari nelle settimane precedenti all’Election day dell’8 novembre. A seguito della vittoria del candidato repubblicano, il metallo giallo subì una contrazione notevole, passando dal picco di 1.300 dollari l’oncia del 4 novembre a 1.128 a metà dicembre.

Una discesa provvisoria, seguita da un nuovo rialzo oltre i 1.200 dollari l’oncia a gennaio 2017.

Prezzo dell'oro dal 1° novembre 2016 al 30 gennaio 2017.

Durante la presidenza di Trump il prezzo dell’oro è aumentato sensibilmente, passando da 1.209 dollari il 20 gennaio 2017, data dell’insediamento, a 1.839 dollari nel suo ultimo giorno alla Casa Bianca, il 19 gennaio 2021.

Difficile attribuire il rialzo del prezzo esclusivamente al Presidente repubblicano, ma la sua politica protezionistica ha senza dubbio contribuito alla fluttuazione. Le guerre commerciali portate avanti da Trump contro alleati e concorrenti hanno alimentato la diffidenza dei paesi esteri verso gli USA che, sotto il motto di “America First”, non venivano più visti come partner affidabili. 

Sotto il mandato di Trump sono stati introdotti i dazi sulle merci cinesi, oltre che restrizioni sugli articoli che era consentito importare dal paese del Dragone. In picchiata le relazioni con l’India, che ha perso lo status di partner commerciale preferenziale per gli Stati Uniti. 

Di Trump anche la scelta di ritirarsi dal trattato nucleare iraniano, con la promessa di ripercussioni contro chiunque intrattenesse rapporti commerciali con l’Iran.

La politica protezionistica del tycoon e le sanzioni messe in atto dalla sua Amministrazione hanno contribuito all’abbandono del dollaro da parte dei Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).

Le elezioni del 2020 si sono tenute il 3 novembre e hanno visto l’oro scambiato a circa 1.900 dollari l’oncia nella settimana precedente al voto. La vittoria di Biden ha influenzato positivamente il metallo giallo, che già il 6 novembre ha toccato i 1.951 dollari. 

Nelle settimane successive ha tuttavia subìto una contrazione al di sotto dei 1.800 dollari, a causa delle sfide legali lanciate da Trump e dal riconteggio dei voti in Georgia, per salire nuovamente a 1.949 dollari il 6 gennaio 2021, giorno dell’ufficializzazione della vittoria di Biden.

L’attacco al Campidoglio da parte dei sostenitori di Trump, volta a fermare l’insediamento del presidente democratico, ha fatto crollare il prezzo dell’oro a 1.848 dollari in data 8 gennaio. Da quel giorno il metallo giallo ha continuato a scendere fino all’8 marzo, quando si è arrestato a 1.674,80 dollari.

Prezzo dell'oro dal 1° novembre 2020 al 30 gennaio 2021.

L’oro sotto la presidenza Biden: inflazione post-covid, tassi d’interesse e passaggio del testimone a Kamala Harris

Notevoli guadagni per il metallo giallo anche sotto il mandato del presidente democratico, con il prezzo che è passato da 1.871 dollari per oncia all'inizio del suo mandato, il 20 gennaio 2021, a 2.474 dollari il 17 luglio dello stesso anno. Come nel caso della presidenza Trump, è difficile determinare quanto questi aumenti siano attribuibili a Biden e quanto invece siano il risultato di conflitti geopolitici e dell'innalzamento dell'inflazione. Il candidato democratico è infatti entrato alla Casa Bianca un anno dopo l'inizio della pandemia di COVID-19, periodo in cui l'aumento dell'inflazione ha sostenuto notevolmente il prezzo dell'oro.

L'aumento dei tassi deciso dalla Federal Reserve nel 2022 ha attenuato il rally del metallo giallo, mentre Biden cercava di ristabilire i rapporti logorati da Trump con importanti partner commerciali, come l'Unione Europea e il Canada.

La relazione con la Cina è risultata più complicata: nonostante un progressivo riavvicinamento a seguito dell'incontro tra Biden e Xi Jinping nell'estate del 2023, Pechino ha espresso disappunto per il mancato sostegno degli Stati Uniti nel caso di un attacco di Taiwan. Nel frattempo, la Cina ha accelerato il suo programma di de-dollarizzazione, scaricando 50 miliardi di dollari in Treasury statunitensi e obbligazioni di agenzie nel primo trimestre di quest'anno.

Durante il suo mandato, Biden ha attuato una serie di sanzioni contro la Russia a seguito dell’invasione dell’Ucraina, nel febbraio 2022, amplificando così la frattura tra gli Stati Uniti e il governo di Vladimir Putin. Tra le misure punitive si annota un accesso limitato della Russia a Swift, una rete di comunicazione che aiuta a facilitare il movimento globale, e l’impedimento alla Banca centrale russa di accedere al sistema finanziario statunitense. 

Le scelte politiche del Presidente democratico hanno spinto Cina e Russia a servirsi dell’oro per le proprie transazioni interne, con le banche centrali dei due Paesi che incrementano in modo significativo le proprie riserve auree, sostenendo così il prezzo del metallo. 

Per quanto riguarda l’attuale candidata alla poltrona dello Studio Ovale, è improbabile che il suo programma in materia di politica estera diverga significativamente da quello del suo predecessore. Certamente il passaggio di testimone da Biden a Harris non fa che aumentare il clima d’incertezza e, di conseguenza, attirare gli investitori verso i beni rifugio

Repubblicani e Democratici: cosa cambia per gli investitori

Il comportamento degli investitori è influenzato dai cambiamenti politici. Brandon Thor, CEO di Thor Metals Group, sostiene che ogni volta in cui viene eletto un Presidente democratico i conservatori di tutta la nazione entrano in uno stato di allarme e paranoia. Poiché i conservatori costituiscono una fetta significativa degli investitori in oro, la domanda del bene rifugio potrebbe aumentare nel caso in cui la Harris uscisse vincitrice dalle elezioni di novembre.  

Storicamente i rendimenti dell’oro sotto i Presidenti democratici sono stati pari all’11,2%, contro il 10,2% sotto un governo repubblicano.  Il dato più interessante deriva però dal partito alla guida del Congresso, composto da Camera e Senato.

Sotto il controllo del Partito Democratico l’oro ha guadagnato in media il 20,9%, mentre sotto il Partito Repubblicano il guadagno è stato del 3,9%. Nel caso in cui nessuno dei due partiti guidi il Congresso, la crescita media del metallo giallo è del 3,5%.

Generalmente gli esperti concordano sul fatto che una vittoria di Harris potrebbe influenzare positivamente il prezzo dell’oro, soprattutto alla luce delle spese governative previste, dell’incertezza dei mercati, dei probabili cambiamenti normativi e della preoccupazione legata all’inflazione

La performance finale dipenderà comunque da un insieme di fattori, non tutti direttamente dipendenti dalla volontà del Presidente in carica.

Il prossimo inquilino della Casa Bianca erediterà infatti una situazione geopolitica quanto mai burrascosa, complicata da una crescita economica mondiale modesta e da conflitti in espansione

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