Il presidente Donald Trump usa il pugno duro contro gli avversari commerciali

L’agenda politica del tycoon procede come da programma, con tariffe sulle importazioni da Messico e Canada del 25% (momentaneamente sospese per 30 giorni) e dalla Cina, che vede i propri prodotti tassati del 10%. Ipotesi di dazi al 10% anche per l’Unione Europea, che prova a restare unita nella risposta alle probabili minacce commerciali dell’amministrazione Trump.

Nel frattempo il timore che i dazi del presidente possano coinvolgere anche il mercato delle materie prime, incluso l’oro, spinge i caveau USA a prendere provvedimenti. Nei giorni scorsi una quantità mai vista di lingotti, dal valore di circa 82 miliardi di dollari, ha attraversato l’oceano verso gli Stati Uniti

Secondo il Financial Times sarebbero 393 le tonnellate metriche di bene prezioso trasferite nella borsa merci Comex di New York, le cui scorte sono impennate del 75%

Corre ai ripari anche JPMorgan, maggiore possessore privato di oro fisico, che insieme a Deutsche Bank, Morgan Stanley e Goldman Sachs si prepara a inviare ingenti quantità di metallo giallo a fronte dei contratti derivati in scadenza a fine febbraio. 

Arrancano le catene di approvvigionamento del mercato di Londra, principale polo internazionale degli scambi di oro fisico, che ha visto i tempi di attesa per il ritiro del metallo dilatarsi dai pochi giorni richiesti in precedenza alle quattro-otto settimane. Aumenta a dismisura anche il tasso interbancario per i prestiti di oro a 1-3 mesi: se solitamente non superava lo 0,5%, di recente è salito fino a un impressionante 12%

Un clima di incertezza che gonfia le ali del bene rifugio, spingendolo a un massimo storico di 2.882,36 dollari l’oncia (circa 88,90 euro al grammo) nella giornata di mercoledì 5 Febbraio.

Grafico Oro prezzo massimo storico

Fonte grafico: Bloomberg

 

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