Domanda oro banche centrali in forte calo

Ma sul fronte della domanda, si segnala un crollo degli acquisti da parte delle banche centrali del pianeta, le quali possiedono ad oggi qualcosa come 32.900 tonnellate di oro tra le loro riserve. Ebbene, nel secondo trimestre di quest’anno, hanno comprato su base annua il 40% in meno del metallo, scendendo al livello più basso dal 2011. Meno di 80 tonnellate sono stati gli acquisti netti, contro le quasi 130 dello stesso periodo del 2015. Gli istituti hanno rappresentato, dunque, appena il 9% della domanda globale di oro dal 13% dello scorso anno. Alla base di questo trend negativo potrebbe esservi il calo delle riserve valutarie (-8% dal picco del 2014), conseguenza della crisi del commercio mondiale, quest’ultimo sceso ai livelli più bassi dal 2010. Nell’intero 2016, gli acquisti sovrani potrebbero arrivare a 550 tonnellate, ma si consideri che dal 1989 e per 19 anni consecutivi, le banche centrali sono state venditrici nette di oro. Sembrano essere tornate all’acquisto, in coincidenza con il boom delle quotazioni, in parte alimentato proprio dalla domanda degli istituti, specie quelli asiatici. La Russia ha quadruplicato le sue riserve di oro rispetto al 2005, portandole ai massimi da almeno gli ultimi 23 anni.Pechino punta esplicitamente a divenire la prima detentrice sovrana del metallo, scavalcando la Federal Reserve, che detiene oltre 8.000 tonnellate. Secondo i calcoli di Deutsche Bank, però, le quotazioni del metallo potrebbero puntare ai 1.700 dollari l’oncia, anche se avvertono che tale soglia sarebbe il risultato di calcoli e non di una previsione vera e propria. Come mai? Due suoi analisti, Michael Hsuel e Grant Sporre, spiegano come il prezzo del metallo tenda a crescere storicamente in linea con il tasso di espansione dei bilanci delle banche centrali. Prendendo in considerazione le prime quattro principali del pianeta (Fed, BCE, BoJ e PBoC), si ottiene che dal 2005 ad oggi, come conseguenza delle politiche monetarie ultra-espansive di questi anni, i loro bilanci siano cresciuti del 300%, mentre le tonnellate di oro detenute sono aumentate del 19% e in termini di valore del 200%.

Verso una crescita del 30%?

Si deduce, quindi, che il prezzo dell’oro sarebbe cresciuto di un terzo in meno dei bilanci degli istituti e se dovesse adeguarsi al ritmo di crescita di questi ultimi, dovrebbe portarsi, appunto, a 1.700 dollari. Gli stessi economisti avvertono che soltanto in due momenti storici si è avvertita una rottura di tale legame: durante la Grande Depressione, quando le banche centrali hanno dovuto cedere il metallo per aumentare la liquidità sui mercati; nel 2013, quando la Federal Reserve annunciò che avrebbe iniziato a ritirare gli stimoli monetari entro l’anno. Se l’intuizione dei due analisti di Deutsche Bank si rivelasse azzeccata, dovremmo aspettarci una crescita delle quotazioni dell’oro di quasi il 30%, anche se non è dato sapere entro quale periodo di verificherebbe un tale riallineamento.