Una crescita ben poco brillante quella dell’Unione Europea, aggravata da un numero relativamente alto di impegni di spesa. Così, mentre l’economia USA cresce del 2,5%, quella oltreoceano resta impantanata

A pesare sul bilancio dei Paesi sono in particolare i sussidi economici, il Welfare State e la necessità di aumentare le spese per la difesa. Il risultato? Tutti i membri dell’Unione Europea, tranne quattro, chiudono in deficit il bilancio del 2023.

Situazione piuttosto comune in realtà, in particolare per dei Paesi sviluppati, ma bisogna ricordare che un deficit superiore al 3% potrebbe destare abbastanza preoccupazioni da richiedere un intervento della Commissione Europea. Ben 11 membri avrebbero violato le regole stabilite dall’Unione, tirando avanti con un deficit di bilancio superiore al 3%. Bisogna quindi stabilire se queste carenze siano mali necessari, o se piuttosto non sia il caso di ridurre alcuni impegni di spesa. 

Un’ardua decisione, in gran parte dipendente dalla possibilità che la Commissione Europea decida di prendere effettivamente provvedimenti nei confronti dei Paesi in deficit. 

La revisione è in corso per molti membri, mentre Belgio, Francia, Ungheria, Italia, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia hanno avviato una revisione per stabilire quali misure sarà necessario prendere per affrontare le proprie carenze.

Le manovre correttive non sono certo una novità per l’Unione Europea: le pubblicazioni dei rapporti sul deficit dei Paesi hanno cadenza annuale, e durante il Covid hanno incluso un numero ancora maggiore di membri, colpevoli di mancanze eccessive. 

Piuttosto deve allarmare il fatto che l'UE nel suo complesso abbia registrato un deficit del 3,5% nel 2023, così come il rapporto tra debito e prodotto interno lordo pari all’81,7% in tutta la regione.

Gli elevati livelli di debito e il deficit di bilancio hanno spinto alcuni membri verso l’austerità economica. Così, mentre Francia e Finlandia tagliano le spese, la Spagna ha iniziato ad aumentare le tasse in modo significativo.

Misure che potrebbero rivelarsi insufficienti, poiché i costi per la difesa e la svolta “green” superano sia le spese ridotte sia gli aumenti delle tasse. La stessa Francia, seconda economia dell’UE ha un deficit pari al 5,5% e si appresta a stanziare 26,4 miliardi di euro in più per l’economia sostenibile.

Un altro Paese che lotta in prima fila per raggiungere i propri obiettivi ambientali è la Germania: investimento che ha creato diversi buchi nel bilancio tedesco, con decine di miliardi mancanti nelle spese proposte. La coalizione di governo si è allora mobilitata per prelevare denaro da un fondo speciale di emergenza, con la conseguente decisione da parte della Corte Suprema di intervenire per limitare la spesa.

Anche le politiche economiche protezionistiche giocano un ruolo cruciale nel bilancio dei membri dell’UE. La Francia si è particolarmente impegnata in tal senso, sollevando barriere volte a “proteggere” alcune industrie nazionali: una mossa che ostacola ulteriormente la già indebitata economia francese, che rinuncia così alla grossa fetta di guadagno derivante dalla cooperazione con controparti estere.

L’ultimo importante aspetto da evidenziare è l’aumento della spesa europea per la difesa. Al momento gli Stati Uniti non sembrano avere alcuna intenzione di scendere personalmente in campo per frenare l’avanzata russa: di conseguenza, l’Europa potrebbe dover finanziare la propria difesa. Nel solo biennio 2022-23 la spesa per la difesa europea è aumentata del 16%, con la Polonia che ha registrato un incremento di quasi il 70%.

Una misura necessaria, in quanto gli Stati Uniti hanno tradizionalmente finanziato gran parte della spesa per la difesa della Nato, permettendo così agli Stati membri di investire in infrastrutture green e nei programmi di assistenza pubblica.

Una guerra su larga scala non è certamente auspicabile, ma potremmo assistere a un cambiamento repentino nel modo in cui gli Stati europei si fanno carico dei propri affari

 

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